del 23/05/2007

La risposta all'antipolitica? E' il partito democratico

di Silvana Amati, Responsabile Dipartimento Affari Regionali e Autonomie Locali DS


Un partito nuovo per un secolo nuovo. E' questo che un numero vastissimo di iscritti ai democratici di sinistra ha scelto di costruire, riconoscendo in Piero Fassino il primo referente e garante del progetto ed è proprio per questo che in molti si è convinti che la direzione politica di Piero, nel percorso costituente ed oltre, non è e non sarà una variabile indipendente ai fini del buon risultato finale.
Al di là di ogni aspettativa il nostro popolo ha risposto al confronto interno con una partecipazione non comparabile con altre esperienze di partiti italiani ed europei, dimostrando così a tutte e tutti che la scelta del nuovo non nasceva dai cosiddetti apparati, ma, era frutto della più vasta discussione possibile oggi.
Dobbiamo vantare questo risultato, assieme alla passione vera espressa al congresso di Firenze, sia per l'oggettività del suo valore, sia per evitare che i tanti, troppi, che ne hanno letto la forza, tentino ingiustamente di ridimensionarlo, facendo prevalere ancora una volta le insidie dell'antipolitica.
Ecco l'antipolitica, una pratica di confine, finalizzata a mettere in discussione la politica, che dà sostanza all'esistenza di tutti.
Mi riferisco principalmente all'antipolitica quale forma di populismo, sia di destra, ma consistentemente anche di sinistra, che maschera, in maniera invasiva, attraverso l'informazione mediatica, le derive cesaristiche ed autoritarie finora inesorabilmente marginate, come a giugno quando, ed è bene che ce se ne ricordi tutti, è stato bocciato dal popolo il presidenzialismo assoluto della devolution.
Dopo tangentopoli abbiamo assistito ad una vera e propria distorsione delle dinamiche politiche. Sono mutati i luoghi e le forme dell'agire collettivo.
Approfittando del vuoto di mediazione, scaturita dalla crisi della politica è stato teorizzato un nuovo sistema politico che andasse oltre i partiti, ipotizzando un nuovo modello di rappresentanza, che, scardinando i partiti, scardinasse la rappresentanza.
Ecco che, con echi anche insospettabili, qualcuno ha lasciato intendere che la democrazia italiana per funzionare efficientemente avrebbe dovuto liberarsi di un insopportabile diaframma costituzionale, i partiti politici, posto tra governati e governanti.
Ecco la personalizzazione della competizione elettorale con il crescente peso della politica spettacolo, democrazia del "gradimento", segnato dal ruolo egemone dei media e dalla progressiva riduzione dei cittadini in teleutenti.
Con l'irrompere del pensiero debole, via via, si è tentato di sostituire quella che era stata la mediazione politica dei partiti con la immedesimazione istintiva e spontanea tra governanti e governati.
L'antipolitica ha tentato di attenuare nel popolo italiano il valore della sua originale identità costituzionale, della sua storia, del suo passato con il sistematico ridimensionamento del significato costituzionale dell'antifascismo, con l'introduzione strumentale del revisionismo storico, che, bisogna dire, è stato scandalosamente subito senza reagire, da ampi settori della politica, cui spettava il dovere morale e storico di reagire.
In ricordo dell'ultimo impegno di Dossetti, sceso in campo già nel 1994, nella notte costituzionale berlusconiana, ritengo opportuno richiamare questi fatti e questi segnali, che non vanno sottovalutati soprattutto per i rischi di involuzione plebiscitaria del sistema, cui queste operazioni mirano.
Se il privilegio per l'ideologia aveva caratterizzato la modernità, antipolitica, materialità e populismo segnano la deriva insita nella filosofia postmoderna, caratterizzata dall'indebolimento del pensiero e dal tramonto dei bagliori illuministici.
Ecco la fondante ragione per cui abbiamo scelto di impegnarci per un partito nuovo, in un secolo nuovo.
Un partito di donne e uomini, strutturato e radicato nei territori, generoso con i giovani, non solo attivo al momento elettorale, caratterizzato dalla cultura di governo dei suoi rappresentanti, un partito per battere l'antipolitica e rispondere alle vere esigenze delle persone.
Per un secolo nuovo.
Chiunque oggi voglia partecipare attivamente alla vita politica è nato nel secolo scorso, e in quella cultura, in quella scuola, in quella università si è formato.
Tutti abbiamo coscienza dei limiti, delle contraddizioni, ma anche delle conquiste di quella cultura.
Sarà una sfida bella aprire e rinnovare, non escludendo nessuno, ma includendo tutti quelli che con noi condividano la funzione storica che, con il partito democratico, vogliamo esercitare.
I tempi sono cambiati e noi, proprio in rispetto alla nostra storia e per l'idea della politica che abbiamo, ci poniamo il problema di governare ad un livello più alto le nuove contraddizioni.
Serve una partecipazione democratica rafforzata, generatrice di programmi e leggi condivise, che affrontino davvero e diano le risposte possibili ai problemi minori e maggiori del nostro tempo.
Quando l'11 dicembre scorso abbiamo riunito a Roma, sotto il simbolo dell'Ulivo, i rappresentanti delle città delle province, delle Regioni, sapevamo che quello era un livello essenziale di elaborazione per la domanda di cambiamento che investe il Paese e che con esso bisogna saper rispondere unitariamente alle richieste delle persone, percorrendo la strada della innovazione, evitando le resistenze conservatrici, gli impulsi tecnocratici, le insidie della antipolitica.
La rete dei comuni è una risorsa, mai un problema, così come sono una risorsa le nostre province e le Regioni.
Oggi si vive una fase complessa in cui i cittadini sentono il peso delle contraddizioni che la globalizzazione porta in casa nostra, anche nei caratteri più minuti e quotidiani.
La sicurezza, la casa, la questione dell'inquinamento, il tema del trasporto pubblico locale, gli investimenti per le reti infrastrutturali, si tengono insieme e prevedono una collaborazione positiva nella decisione tra Governo Centrale e Governi dei territori, primi referenti delle cittadine e dei cittadini.
Anche quando a marzo abbiamo riunito le nostre amministratrici sapevamo di dare valore ad un livello essenziale di rete, quella delle buone pratiche di chi governa il territorio, attivate a dare risposte concrete alle tante domande di futuro del Paese. Alla fine della settimana ci attende un importante appuntamento elettorale, tanti comuni e 7 province andranno al voto amministrativo.
Ecco un'altra occasione per vantare i risultati del nostro buon governo locale e per progettare città e province più attente alla questione ambientale, più inclusive con i nuovi cittadini, più pronte costruire un nuovo modello di welfare, che guardi agli anziani come una risorsa, e più a misura di bambini e di adolescenti.
In questi anni è cambiato il mondo ed anche il quadro su cui si è formata l'esperienza della sinistra.
Resta però il bisogno, l'anima del socialismo, di pensare un mondo diverso, più giusto, più umano, di lotta contro gli egoismi sociali e le discriminazioni di classe, di razza, di religione.
Per questo abbiamo scelto di costruire il partito nuovo, proprio perché, orgogliosi della nostra storia e lontani dallo smarrire le antiche ragioni, vogliamo imprimere il segno della sinistra e dei suoi valori alla contemporaneità.
Vogliamo costruire un grande Paese dove la Carta Costituzionale sia finalmente rispettata nei valori fondanti che fino ad oggi hanno funzionato non a freno, ma a difesa del sistema democratico e applicata, senza colpevoli reticenze, dal diritto al lavoro, alla difesa dei diritti e delle opportunità per tutte e per tutti.