Si scelga di limitare la vivisezione
a favore dei metodi alternativi

Proprio ieri pomeriggio in Aula abbiamo ricordato una grande donna, Margherita Hack.
A lei, nota anche per l'impegno speso in difesa degli esseri senzienti, mi sento di dedicare il lavoro che tutti insieme abbiamo portato avanti in Commissione XIV per porre limiti più stringenti alla vivisezione.
Potremmo inoltre dire oggi che, approvando la Legge di delegazione europea (587) così come integrata in Commissione dall'emendamento del relatore 9.0.11 - testo 2, stiamo agendo nello spirito della massima di Gandhi secondo la quale: "la civiltà di un Paese si misura dal modo in cui tratta gli animali".
D'altro canto il nostro Paese, sottoscrivendo il Trattato di Lisbona, ne ha anche recepito l'articolo 13 che recita "nella formulazione e nell'attuazione delle politiche dell'Unione nei settori della agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato interno, della ricerca e sviluppo tecnologico e dello spazio, l'Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale".
Come ricordava anche il Professor Picozza dell'Università di Roma, il principio del benessere degli animali costituisce dunque un principio generale del diritto comunitario in quanto inserito nel titolo II del Trattato (disposizioni di applicazione generale) al pari ad esempio di quello della tutela ambientale nella prospettiva dello sviluppo sostenibile.
Così si pone in linea gerarchica sovraordinaria per quanto riguarda le Politiche Comunitarie, ivi incluse quella del mercato interno ed in particolare della libera circolazione delle merci, come pure in materia di ravvicinamento o armonizzazione delle disposizioni legislative nazionali in materia di ricerca, sviluppo, ed ambiente.
Ciò comporta, in linea di principio, che le singole politiche sopra considerate e anche quelle espressamente ricordate nell'attuale art. 12, devono operare un bilanciamento di valori con gli altri interessi considerati dalle politiche stesse tenendo pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti.
Intervenendo dunque in merito all'art. 12 dell'atto ora in esame, voglio confermare la nostra massima attenzione, sui temi che riguardano la sperimentazione animale, sui quali peraltro abbiamo realizzato in Commissione importanti passi in avanti, sia con l'approvazione a larga maggioranza dell'emendamento 9.0.11 - testo 2, sia per i pareri positivi del Ministro della Salute e del Ministro degli Affari Europei, che mi sento di ringraziare particolarmente per l'impegno speso.
Credo sia opportuno ricordare che le ragioni scientifiche dell'utilizzo degli animali in ambito sperimentale sono per molti oggetto di critica.
L'efficacia di questa pratica è messa in discussione a partire dalle differenze genetiche esistenti tra individui che non appartengono alla stessa specie. Proprio queste diversità, infatti, impediscono di estendere con naturalezza e consequenzialità i risultati ottenuti su una particolare specie, a quella umana. A puro titolo d'esempio voglio citare alcuni dati:
  • il 92 per cento dei farmaci, che hanno superato le prove sugli animali, viene scartato con le prove cliniche sull'uomo (Food and Drug Administration, USA);
  • la Percentuale di predittività dei test su animali per l'uomo è solo del 37-50% (Lancet, 04.06.2011);
  • il 43 per cento dei risultati ottenuti sui topi discorda da quelli ottenuti su una specie assai simile come quella dei ratti, e viceversa (prof. Ames, Università della California).
Questi numeri potrebbero essere già sufficienti a testimoniare quanto la sperimentazione scientifica sugli animali possa essere inutile e fuorviante nei propri risultati. Disincentivare tale pratica a favore di metodi alternativi che non vedano l'impiego di animali è prima di tutto quindi un dovere che trova la sua ragione anche nella tutela della salute umana.
Al problema della validità scientifica dei suoi metodi, si affianca la questione etica che viene troppo spesso nascosta e che non può essere ignorata.
La ricerca della conoscenza non è uno scopo che permette di giustificare qualsiasi azione. Anzi, essa deve essere sottoposta alle ragioni etiche, libera dalla discriminazione arbitraria che permette a chi detiene il potere di dominare i più deboli.
E' interesse comune dunque che l'Italia debba farsi protagonista di un cambio di marcia, che ci possa quindi orientare verso una più ampia diffusione dei metodi sostitutivi, e che recepisca la pressante domanda dell'opinione pubblica che chiede maggiori tutele nei confronti degli animali.
E' certamente importante sottolineare che una recente ricerca dell'Istituto Eurispes ha rilevato che ben l'86 per cento degli italiani è contrario alla sperimentazione animale, in qualunque forma essa sia condotta.
Così come credo sia importante ricordare che a tutt'oggi tale pratica in Italia coinvolge un milione di animali l'anno.
Concludendo considero un risultato importante e positivo il passo avanti compiuto in quest'atto con l'approvazione in Commissione dell'emendamento.
Infatti in esso si prevede tra l'altro, di ampliare le risorse destinate allo sviluppo e alla convalida dei metodi sostitutivi; si prevede la formazione di personale esperto nella sostituzione degli animali con metodi in vitro secondo il principio della sostituzione, riduzione e perfezionamento; si vieta l'utilizzo degli animali per esperimenti bellici; si proibisce l'allevamento di cani, gatti e primati non umani sul territorio italiano destinati alla vivisezione, lasciando comunque spazio per ricerche finalizzate alla salute dell'uomo o delle specie coinvolte.
Infine, con l'approvazione dell'articolo 12 finalmente si interviene sulla definizione di un quadro sanzionatorio appropriato e tale da risultare effettivo, proporzionato e dissuasivo anche tenendo conto del titolo IX bis del libro II del Codice Penale.
Silvana Amati
Aula del Senato, 3 luglio 2013
home page